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Lipari non solo tramonti, ma scenario di una passione proibita.

La storia d’amore tra Edda e Leonida.

Il mese di maggio è il periodo delle rose in fiore e dell’amore.
In realtà molti potrebbero associare quest’ultimo al mese di Febbraio per via del giorno di San Valentino, ma, forse sarà la fioritura, la temperatura che diventa più mite, insomma a me fa pensare agli amori che nascono. Certamente è una sensazione del tutto soggettiva.


Così ho pensato di raccontarvi una delle storie d’amore rimasta segreta per oltre mezzo secolo, l'inconfessabile passione della figlia del duce per il comunista liparoto Leonida Bongiorno sorta sotto il cielo di Lipari.
Questa breve ma intensa relazione, come ho detto, è rimasta per molto tempo, è venuta alla luce grazie alla corrispondenza dei due amanti che il figlio di Leonida ha messo a disposizione per le ricerche.

La loro storia è quella di un incontro che sembra impossibile e che pure li legherà per sempre. Marcello Sorgi, autore del libro “Edda Ciano e il Comunista”, ricostruisce con finezza un’inedita pagina di storia che rappresenta i contrasti ideologici e il desiderio di pacificazione di un’Italia che cerca di dimenticare la guerra. Attraverso le lettere, le numerose testimonianze e le fotografie che ritraggono Edda con gli occhi innamorati di Leonida, Edda Ciano e il comunista racconta una passione che brucia ogni convenzione e che cambierà profondamente la vita di entrambi.

Ma fatevi raccontare questa passione proibita.

Edda, condannata al confino, sbarca a Lipari nell’autunno del 1945.
Le Isole Eolie, ed in particolare, l’isola di Lipari sono state per molto tempo luogo di confino ed il Castello è stato utilizzato come prigione fino al 1950. 
Già i borboni, usarono il Castello di Lipari come prigione e durante le varie fasi storiche, gli occupanti di turno impiegarono lo stesso carcere. In epoca fascista, in particolar modo, qui furono confinati i prigionieri politici avversi al regime.
Caduto quest’ultimo, Lipari divenne prigione per gli alleati che la utilizzarono dal 1943 al 1945. Tra i numerosi confinati, ci fu anche la figlia prediletta del duce.
Le avevano risparmiato la vita, ma l’esilio sull’isola era la punizione che meritava per la sua profonda fedeltà e il suo innegabile appoggio alla dittatura fascista. Edda non era di certo una vittima, ma non era più la ragazza spregiudicata e mondana di un tempo, quella che amava bere, fumare, giocare a poker, flirtare e indossare abiti audaci. Le erano stati sottratti i suoi bambini, suo marito era stato ucciso da meno di 2 anni ed erano trascorsi solo 5 mesi dalla morte del padre e dai fatti di Piazzale Loreto.

Edda adesso ha 35 anni, pesa appena 42 chili e perso il desiderio di vivere; invece proprio al confino, distrutta per aver visto sbriciolarsi la sua famiglia e il suo mondo, incontra Leonida Bongiorno, partigiano scampato alla guerra, e sarà la sua ancora di salvezza.
La figlia del regime è irresistibilmente attratta da quell’uomo affascinante e colto, laureatosi nel 1943 con una tesi sulle isole Eolie. Lui si mette immediatamente a disposizione per ospitarla in una delle case di sua proprietà. Leonida “è bello, alto e dai tratti saraceni - si legge in un articolo de “La Stampa” - sicuro di sé mentre difende il vescovo dall’assalto di alcuni suoi compaesani.”

Sogi lo descrive come “un comunista ribaldo, un rarissimo caso di alpino isolano, nato nel 1911, alto 1 metro e 85, laureato a Bologna, convinto che, dopo il fascismo, in Italia sarebbe arrivato il socialismo”.

E’ a capo del Partito Comunista di Lipari ed è erede di una forte e radicata tradizione antifascista: suo padre Edoardo, musicista della banda del paese è noto per aver organizzato la fuga dei fratelli Rosselli quando erano al confino a Lipari.

Edda è dunque una tentazione che il partigiano deve evitare, ma a cui l’uomo Leonida finisce inevitabilmente per cedere, mettendo a rischio il suo ruolo nel partito e i rapporti con i familiari, i parenti, gli amici. È una relazione complicata quella che lega l’antifascista Bongiorno e la figlia di Mussolini, ancora orgogliosamente fiera del suo essere rimasta fascista; una storia che deve restare segreta anche se nella piccola isola tutti sanno ma fingono di non vedere, nonostante gli incontri degli amanti siano sempre furtivi.

Le notti si susseguono ai giorni e Leonida ed Edda a volte riescono a dimenticare il loro nome, le loro origini e le ideologie politiche. Insieme evadono da quella realtà, semplicemente passeggiando mano nella mano fra i fertili campi dell’isola, baciati dal sole in spiagge deserte. I giorni dell’esilio della figlia di Mussolini passano tra lunghe nuotate nella scogliera di “Sutto o Palu”, guardando le stelle nella terrazza della casa nella salita di S. Bartolo (dove vive Edda) che la contessa chiama “La Petite Malmaison”. 
Leonida è solito recitare con enfasi per lei i versi dell’Odissea (che conosce a memoria) ed Edda finisce per ascoltarlo, ammaliata, per ore.

I due amanti si inventano dei soprannomi, Ellenica e Baiardo, cosi si riferiscono se stessi nelle loro corrispondenze, per cancellare insieme ai loro nomi le differenze che li dividono.
L’unione tra Edda e Leonida, dice Marcello Sorgi ebbe la potenza delle passioni impossibili: “Tutto quello che c’era intorno - dice l’autore - faceva loro capire che non avevano futuro…Nella realtà il loro legame non esisteva, si sentivano troppo diversi...la loro storia era stata folle, travolgente, appassionata, ma confusa nell’ambiguità tra il teatro e la vita”.

Edda rimane sull’isola fino al giugno del 1946 poi è Palmiro Togliatti a rompere l’idillio, firmando l’amnistia. Edda deve arrendersi alla realtà: la sua vita ricomincia altrove, lontana dal suo “carissimo comunista”. Così lascia Lipari e può finalmente riabbracciare i suoi figli. Ritorna nel suo ambiente altolocato, riprende il ruolo di vedova e signora aristocratica e in molti la salutano ancora con il braccio teso.


Ci furono continue lettere e anche altri due incontri. 
Poi, poco a poco, questo sentimento si affievolì.

Molti anni dopo, in ricordo di quell’amore breve ma intenso, Leonida fece scolpire su un muro i versi del canto XII dell’Odissea di Omero.
Questa la parte che si riferisce ai faraglioni di Lipari:
Di qua rupi altissime, a picco: battendole,
immane strepita il flutto dell’azzurra Anfitrite:
Rupi erranti, gli dei beati le chiamano.

Oggi il muro è ancora lì a perenne ricordo di quell’amore impossibile. 
Si trova in Piazza Mazzini, non lontano dalla sede del Municipio di Lipari.

Chissà quanti turisti sono passati da là, hanno osservato il muro ignari di essere innanzi al ricordo di un amore impossibile.
Tu che segui il blog, adesso lo sai.
Se pianifichi la tua vacanza alle Eolie, questa è una tappa da non perdere.

A presto 👋

La tua local expert eoliana - @sarahtomasello

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